Per rendere più esemplificativo il discorso basti pensare che ogni disciplina e sport andrebbe allenata partendo dalla visione e dalla rappresentazione dei fattori generali e specifici della disciplina stessa, i cosiddetti “performance indicators” (2) per orientare al meglio tutto ciò che ne consegue.
La costruzione di un modello prestativo serve a (3):
- Inquadrare al meglio la disciplina sportiva;
- Orientare in maniera funzionale la scelta dei contenuti, dei mezzi e dei metodi di allenamento;
- Programmare l’allenamento;
- Programmare la gara in caso di sportivi;
- Conoscere le catene di movimento prevalentemente utilizzate;
- Conoscere i gesti che espongono a rischio d’infortunio o sovraccarico;
- Costruire gli esercizi in maniera funzionale al raggiungimento degli obiettivi;
- Valutare i risultati dell’allenamento.
- La Postura
L’orientamento nelle diverse fasi assume un aspetto determinante per la riuscita dei vari passaggi e per la personalizzazione del programma, della strutturazione degli allenamenti e delle sedute, dato che il soggetto ha degli aspetti che lo riconducono ad ambiti generali dell’allenamento, ma possiede qualità psico-fisiche, attitudini mentali e caratteristiche posturali proprie.
Come detto la peculiarità dell’attività in questione è rappresentata dalla guida di un mezzo, che è la bici. Per questo un corretto assetto offre sicuramente una condizione positiva alla prestazione esecutiva, al comfort e alla prevenzione di infortuni. Degli aspetti specifici e tipici della posizione in bici, della quale ho trattato, in alcuni aspetti specifici in due articoli già pubblicati sul mio sito, tratterò un articolo specifico inerente la biomeccanica. Sicuramente un punto strategico in tutto questo lo assume l’analisi del movimento, con l’aiuto della tecnologia, e in particolare con la video analisi, diretta a migliorare i parametri attraverso una visione globale del soggetto sulla bici e delle posizioni che assume durante la pedalata (4). La bilancia in figura 1 ben esemplifica con i due piatti, che devono essere in equilibrio, i fattori che partecipano alla gestione delle due sfere opposte del comfort e della prestazione (5).
Figura 1: Schema riassuntivo dei fattori che l’operatore deve tenere in considerazione per la gestione del comfort e della prestazione in bicicletta.
Per andare in bicicletta in modo costante, senza creare compensi e partendo da una base condizionale scarsa, occorrerebbe un corpo già in uno stato di equilibrio posturale eccezionale. Perchè? Perchè oltre a pedalare con gli arti inferiori, si pedala anche con la schiena. Infatti il corpo in bici non lavora mono-compartimentalmente, per cui prima di valutare la pedalata, assume rilevanza valutare gli allineamenti posturali globali, poiché osservare il soggetto solo sulla bici non è un approccio metodologico scientificamente fondato (6). Le linee umane in posizione ortottica definiscono il modello sul quale molti metodologi posturali hanno fondato regole, paradigmi e leggi della postura ed è il modello da seguire prima di approcciare qualsiasi tipo d’intervento sia in campo sportivo, che in quello fitness, perché al centro, ed è bene ricordarlo, c’è il movimento soggettivo della persona.
Assimetrie e disfunzioni cervicali, curve troppo lordotiche o cifotiche, bacino anteverso o retorverso e posizionamento delle linee degli arti inferiori sono da valutare perché potrebbero aumentare la loro gravità nella successiva messa in sella. In effetti questo balza agli occhi già ad una persona non esperta di ciclismo, nell’osservare la posizione tipica della maggioranza dei ciclisti visti di profilo, in cui la colonna dorso-lombare è cifotizzata e il ventre invece è tendenzialmente rilassato. Il capo invece è mantenuto in estensione e antepulsione per garantire l’orizzontalità dello sguardo (bisogna pure che sollevi la testa per vedere dove va). Nel corso dell’attività ciclistica il rachide viene sollecitato da forze in flessione di intensità e durata superiore al normale che porta talvolta a lombalgie acute e croniche (7), aumentate dal fatto che si spingono spesso rapporti molto lunghi e faticosi, che automaticamente richiedono una maggiore forza esercitata dalle braccia sul manubrio.
Figura 2: allineamenti posturali secondo Kendall e altri, 2002.
Questa forza supplementare è fornita principalmente dal Gran Dorsale che per la contrazione prevalentemente concentrica oltre ad aumentare le tensioni posteriori fissa in modo permanente gli arti superiori in intra-rotazione. A lungo andare questa postura in flessione viene memorizzata dal corpo e l’atteggiamento cifotico si fa progressivamente più evidente anche in ortostatismo, se non viene eseguita una idonea ginnastica posturale o esercizio adattato (8).
Uno squilibrio cranio-sacrale potrebbe portare a vari problemi:
- Aumenta il rischio di ernia posteriore e/o postero-laterale sia a livello lombare a causa del piatto lombare, che a livello cervicale;
- La cifosi dorsale può provocare una compressione stabile dello stomaco che può generare disturbi digestivi, molto frequenti nei corridori professionisti;
- L’over-reaching funzionale e l’overtraining portano spesso a tendinopatie inserzionali a carico di varie regioni anatomiche: tendinite rotulea, achillea, a carico dell’inserzione distale del bicipite femorale, dell’inserzione prossimale del tibiale anteriore, della banderella ileotibiale, fino a quadri degenerativi più gravi come la condropatia rotulea, artosi d’anca e di ginocchio.
- Contratture e dolori ai polsi e alle mani per la posizione protratta sul manubrio.
Del resto, quasi senza eccezioni, gli sportivi deformano il loro corpo, poiché ne hanno una conoscenza solo parziale (8), ma d’altra parte spesso la regola del gioco consiste nello sforzo e nel superamento di sè, che sia per battere il rivale o per migliorare il proprio record; per uno sportivo “sforzarsi” vuol dire molto spesso lasciare spazio a possibili infortuni. Per questo gioca un ruolo fondamentale affrontare il modello prestativo, affidandosi ad un professionista del movimento e del settore specifico.
- Intensità e ciclismo
Per capire anche qui il perché andrebbero affrontati allenamenti diversificati con esercizi funzionali, osserviamo la prestazione fisiologica del ciclista, partendo da parametri noti. I ciclisti d’élite hanno un alto VO2max, superiore a 70 – 80 ml/kg/min e una soglia del Massimo Lattato Stazionario a circa il 90% del VO2max. Nella MTB il picco di potenza (WPPO) maggiore di 5,5 W/kg è considerato un elemento predittore della performance. Le tecniche respiratorie (9) sono sempre più applicate (campo questo purtroppo ancora poco considerato in realtà in molte discipline e sport), soprattutto per ottenere marginal gains maggiori (termine coniato per la prima volta nel 1886 da Wilhelm Steinitz; questo approccio è un sistema metodico di identificazione delle aree in cui piccoli miglioramenti potrebbero essere raggiunti e quindi combinati per ottenere un vantaggio). Con ciò basti considerare che il costo energetico è quantificato nel 15% del VO2max e durante il gesto intenso i muscoli respiratori non allenati vanno incontro a maggior sofferenza con conseguente ridotto flusso alla muscolatura. Essere poi in grado di esprimere Watt (Wpeak) rappresenta l’espressione di efficenza neuromuscolare della potenza durante esercizio. Negli anni ci sono evidenze che hanno attestato l’esistenza di adattamenti neurali e strutturali dopo allenamenti di forza della muscolatura coinvolta nello sport specifico e hanno evidenziato come due sessioni di allenamento a settimana, concepite come un programma giornaliero periodizzato, bastino per ottenere un aumento sufficiente della forza in un periodo di 12 settimane. È consigliabile prima imparare la tecnica di sollevamento con carichi leggeri e successivamente sviluppare un allenamento che preveda tra 4 RM e 10 RM e 2-3 serie con circa 2-3 minuti di riposo tra le serie (10). Come primo fattore bisogna imparare la tecnica di sollevamento adeguata, per passare al vero allenamento; inoltre è importante accostare all’allenamento di forza un allenamento di resistenza durante le prime 2-3 settimane, che sia leggero. L’allenamento di forza andrebbe condotto in fase iniziale alla preparazione, mentre durante la stagione agonistica o nei periodi di allenamento di resistenza vera, lo sviluppo della forza non ha la priorità, ma va mantenuta una sessione di allenamento di forza a settimana (volume basso) ad alta intensità, che serve a mantenere i precedenti adattamenti di allenamento della forza (11, 12). Per prestazioni ciclistiche è preferibile un allenamento di forza con sovraccarichi con la massima velocità durante la fase concentrica e qui trova spazio la spiegazione dello sviluppo neurmosucolare, cioè attraverso l’attivazione posticipata di fibre di tipo II, la conversione delle fibre di tipo IIX a contrazione rapida, in tipo IIA più resistenti alla fatica e miglioramento conseguente della stiffness muscolo-tendinea (13).
Tabella 1: effetti dell’allenamento della forza massimale ed esplosiva sulle prestazioni di resistenza (da Rønnestad B.R., Mujika I., Optimizing strength training for running and cycling endurance performance: A review Scand. J. Med. Sci. Sports 2013, p.6)
Il concetto di velocità e intensità esecutiva trova supporto in evidenza scientifica dell’allenamento HIIT, infatti numerosi studi hanno confrontato l’allenamento a intervalli ad alta intensità con altri tipi di allenamento nell’apporto di adattamenti di forza negli sport di endurance e nel ciclismo. Ronnestad e altri (14), hanno dimostrato come allenamenti intervallati ad ad alta intensità brevi rispetto al protocollo ad intervalli lunghi creino adattamenti superiori. Seiler e altri (15), hanno dimostrato nello specifico come questo accada in misura maggiore con un allenamento HIIT di 30’ di lavoro al 90% di FC max. Dunque c’è la dimostrazione che attraverso lavori intensi si possano migliorare gli aspetti glicolitici e ossidativi. Inoltre si è visto come nella MTB il ciclista con una storia di allenamento ad alto volume ad alta intensità può indurre adattamenti positivi delle prestazioni che riducono pure il danno muscolare e consentono una maggiore produttività e recupero (16).
Beattie e altri (17), affermano che adattamenti forza-velocità muscolari in sport di endurance dipendono dalla durata del programma di forza, dal livello di forza del soggetto e dagli esercizi somministrati. Per miglioramenti a lungo termine in atleti di resistenza deboli o non allenati, dimostrano che un programma generale orientato alla forza massima può inizialmente essere il metodo più appropriato ed efficiente per migliorare la forza, la potenza e la reattività massime alla capacità di resistenza. Gli atleti di resistenza con capacità ad alta forza potrebbero aver bisogno di porre maggiormente l’accento sull’allenamento specifico per la forza esplosiva e reattiva per ottenere ulteriori miglioramenti nelle prestazioni. Tuttavia gli stessi autori suggeriscono che sono necessarie ulteriori ricerche che dovrebbero includere valutazioni valide della forza (ad esempio squat, jump squat, drop jumps), attraverso una gamma di velocità (forza massima, forza-velocità, velocità-forza, forza reattiva) e gestire una programmazione appropriata (esercizio, carico e velocità) per un periodo di intervento a lungo termine (6 mesi) per un trasferimento ottimale alle prestazioni.
Nota: per i riferimenti bibliografici vai a: https://www.lucaventurichinesiologo.it/2020/05/04/ciclismo-limportanza-di-un-allenamento-globale/