Introduzione
La ricerca si è concentrata nei decenni e, in particolare, negli ultimi anni, su come il raffreddamento del corpo possa aiutare nell’attività fisica e nelle prestazioni in ambienti caldi e umidi. L’esercizio come è noto fa aumentare la temperatura corporea e più l’intensità è elevata, più rapido sarà questo aumento termico. L’aumento della temperatura interna (Tc) può essere modificato da una maggiore forma fisica, ma viene esacerbato in condizioni di caldo e umidità e comunque, indipendentemente dallo stato d’allenamento o dal clima, esiste un limite critico della Tc, punto in cui i soggetti e gli atleti sono costretti a ridurre l’intensità dell’esercizio per non rischiare di avere delle problematiche legate al calore, come il rischio di crampi muscolari, sincope da calore, lesioni da calore e colpo di calore da sforzo (1,2). Durante l’esercizio steady state training (SST), il raggiungimento di alta temperatura cerebrale (3), Tc (4) e le successive richieste cardiovascolari limitano la capacità d’esercizio. Basti pensare che quando il tasso di produzione di calore metabolico supera il tasso di trasferimento di calore esterno, che si verifica frequentemente quando l’esercizio è svolto con una temperatura ambiente elevata (>25°C) e la pressione del vapore acqueo, il calore viene immagazzinato e la Tc aumenta (5).
Tyler e altri (6) hanno notato che i maggiori miglioramenti nelle prestazioni sono stati osservati quando la Tc e la frequenza cardiaca (FC) sono state entrambe ridotte dal raffreddamento, ma hanno riconosciuto che sono necessarie ricerche per accertare i meccanismi che spiegano questi miglioramenti delle prestazioni. E questo supporto della performance, come riportato dalla revisione di Ruddock e altri (7) è stato identificato come un passo importante nella fisiologia traslazionale (8).
Dato che la quantità di calore immagazzinata nel corpo limiterà la durata dell’esercizio a una data intensità, ovviamente ha senso iniziare ad allenarsi con una Tc quanto più fredda possibile. In sostanza lo scopo delle tecniche di raffreddamento del corpo è aumentare il margine tra la Tc iniziale e Tc limite, ossia la temperatura che riduce il ritmo dell’attività. Numerosi studi hanno dimostrato che il preraffreddamento è consigliabile prima di un esercizio prolungato a temperature elevate e umide, poiché aiuta a sostenere l’intensità e la velocità. In uno studio che richiedeva ai soggetti di correre all’82% del VO2max o in una camera termica – 24°C e 51% di umidità relativa (RH) – è stato dimostrato che il pre-raffreddamento, mediante esposizione all’aria fredda (5°C) aumenta le prestazioni di oltre il 16% (9). Inoltre, in seguito a un bagno di acqua fredda di 20 minuti (23-24°C), la distanza raggiunta durante un test di corsa con di 30 minuti in condizioni di caldo umido (32°C, 62% di umidità relativa) è aumentata in media del 4% (10).
Kay e altri hanno riportato che il preraffreddamento della sola pelle (mediante immersione in acqua a 24° C) ha allungato di 0,9 km 30 minuti di esercizio ciclistico a 31,4° C e 60,2% di umidità relativa (11). I ricercatori hanno anche suggerito che, sebbene non vi fosse alcuna riduzione della Tc, il preraffreddamento è stato efficace nel ridurre lo sforzo termico, consentendo così ai soggetti di aumentare l’intensità dell’esercizio verso la fine della prova. Altri ricercatori hanno anche suggerito che il vantaggio principale del preraffreddamento consiste nella possibilità degli atleti di attingere alle riserve in un secondo momento in una prestazione, per via della riduzione dello sforzo termico, consentendo diverse strategie di stimolazione e una maggiore intensità nelle fasi successive. È stato dimostrato che le prestazioni migliorano anche a temperature ambiente più basse (Ta), infatti Olshewski H. e Bruck K. nel 1988 hanno impiegato un metodo ad aria fredda per raffreddare i soggetti che ha portato ad un miglioramento del 12% in un test ciclistico ad esaurimento, eseguito a una Ta di 18°C (12). Utilizzando una tecnica simile, un altro studio ha riportato significativi miglioramenti della velocità e del lavoro assoluto durante un test ciclistico eseguito ad una Ta di 18°C (13).
Raffreddamento prima e durante l’esercizio
Il raffreddamento del corpo intervallato alle fasi d’esercizio può migliorare le prestazioni, dato che gli aumenti della Tc creano problemi durante l’esercizio, quindi i periodi di recupero consentono di attuare un certo grado di raffreddamento. L’obiettivo di qualsiasi strategia di raffreddamento deve essere quello di ottenere un vantaggio in termini di prestazioni compensando il più possibile lo sforzo espresso in condizioni di termicità elevata, prima del successivo evento, anche se è giusto chiarire come sia improbabile che ci sia il tempo sufficiente per ridurre la Tc agli stessi livelli di riposo, come appunto attestato da alcuni studi. Uno studio di Mitchell e altri (14) ha studiato gli effetti del raffreddamento del corpo durante un periodo di recupero di 12 minuti tra due periodi di esercizio in un ambiente caldo (38°C) e la fase di preraffreddamento (raffreddamento a ventola con nebulizzazione d’acqua) ha comportato una Tc inferiore e una ridotta perdita di acqua corporea durante il secondo periodo esercitativo (6), ma un altro studio non ha riportato alcun beneficio fisiologico significativo proveniente dalla fase di preraffreddamento, quando svolto prima dell’attività intermittente di una partita di calcio (periodi di 2 × 45 minuti, intervallo di 15 minuti) (15).
Nell’ambito sportivo i periodi di riduzione del volume di allenamento quando gli atleti devono acclimatarsi all’allenamento con il caldo, sono costosi in termini di denaro e tempo e molti degli atleti impiegano tecniche di raffreddamento prima e durante le sessioni di allenamento, che consentono così di mantenere un volume allenante solido, nonostante un Ta elevata. Va notato che le risposte metaboliche e cardiovascolari possono essere influenzate durante i primi 15 minuti di esercizio dopo il pre-raffreddamento. Queste differenze come un ridotta FC e una fatica percepita (RPE) alterata, sono un risultato benefico del raffreddamento del corpo.
Sebbene le risposte cardiovascolari e metaboliche all’esercizio in varie condizioni e interventi siano ben documentate, ci sono pochi dati su risposte simili dopo il preraffreddamento. Chiaramente il fatto che la prestazione fisica nella maggior parte degli studi riportati sia migliorata dopo il preraffreddamento suggerisce che limitare la velocità di aumento della Tc è un fattore determinante. Esiste un consenso emergente sul fatto che l’affaticamento durante l’esercizio fisico al caldo possa essere dovuto a una riduzione motoria del SNC. Questa ipotesi non è stata valutata direttamente, ma negli ultimi anni ci sono state alcune prove dell’affaticamento neuromuscolare durante il ciclismo ad alta intensità ad alte temperature. In uno studio i soggetti hanno pedalato per 60 minuti a un ritmo auto selezionato, con sei sprint di un minuto. Era molto chiaro che i soggetti esercitavano consapevolmente il massimo sforzo per ogni sprint, come evidenziato da FC simili e aumento della RPE, ma con una ridotta potenza erogata e ridotta spinta motoria (elettromiogramma)(16). In uno studio successivo in cui i soggetti selezionavano autonomamente le velocità di corsa durante una corsa su tapis roulant di 30 minuti al caldo, era anche chiaro che i soggetti alteravano la loro strategia di stimolazione rispetto a una prova simile in condizioni più fredde, per assicurarsi di essere in grado di finire la corsa senza surriscaldamento (17). I risultati di questi studi suggeriscono che potrebbe aver operato un controllo subconscio nella riduzione della probabilità di danno cellulare durante tali condizioni. Poiché la temperatura rettale (Tre) alla fine era di 39°C, sarebbe logico supporre una riduzione della velocità di aumento della Tre, come risultato del preraffreddamento, che avrebbe attenuato la riduzione del reclutamento motorio e quindi consentirebbe il mantenimento di una maggiore intensità d’esercizio. Tuttavia questa ipotesi non è stata valutata direttamente.
Il sistema cardiovascolare (SC) durante l’esercizio dopo il preraffreddamento è stato ben studiato, presupponendo che alla riduzione della velocità di aumento della Tc, venga ridotta la necessità di flusso sanguigno a livello della pelle e aumenti il volume di sangue disponibile per la circolazione centrale. Ciò porterebbe naturalmente a un aumento della gittata sistolica (GS) e quindi a una riduzione della FC ad un dato livello d’intensità dell’esercizio. In effetti la maggior parte degli studi mostra che, in SST, la FC durante l’esercizio dopo il preraffreddamento si è attenuata (9,13,18) per almeno i primi 15 minuti dopo il raffreddamento (10). In uno studio che ha esaminato l’effetto del preriscaldamento e del preraffreddamento sul tempo di esercizio fino all’esaurimento, sembrava chiaro che se la temperatura esofagea (Tes), la Tc e il flusso sanguigno cutaneo erano aumentati prima dell’esercizio preriscaldando i soggetti, la gittata cardiaca (GC) era ridotta in seguito a una diminuzione della GS. È interessante notare che le differenze nelle risposte cardiovascolari sono scomparse dopo circa 10 minuti di esercizio, con i soggetti che hanno terminato l’esercizio con Tes, FC, GC e volume sistolico simili.
Raffreddamento e tipologia di esercizio
In una ultima revisione del 2019 Douzi W. e altri (19), hanno osservato che ci sono delle differenze dell’effetto raffreddante sul tipo di esercizio. Come già evidenziato l’ipertermia durante l’esercizio induce affaticamento centrale e periferico e compromette le prestazioni fisiche. Per facilitare la perdita di calore e ottimizzare le prestazioni, gli atleti e i soggetti in genere, possono accelerare il raffreddamento del corpo prima (pre-cooling) o durante (per-cooling) l’esercizio. Tuttavia l’effetto per-cooling non è chiaro se sia lo stesso sui tipi di esercizio aerobico e anaerobico (durata <75s e >76s, rispettivamente) e se la zona del corpo che viene raffreddata fa la differenza. Tale Revisione della letteratura ha portato all’identificazione di 1582 studi potenziali. Gli studi analizzati dovevano includere l’esercizio fisico con dettagli sufficienti sul tipo, durata, intensità e fornire misure di prestazione valide e un intervento di raffreddamento somministrato durante l’esercizio, con dettagli sufficienti sul tipo e sul sito di applicazione.
Sono stati così inclusi nello studio quarantacinque studi. È stato osservato che il raffreddamento fornisce un vantaggio in termini di prestazioni durante gli esercizi aerobici (differenza media standardizzata (SMD)=0,60, p<0,001) e anaerobici (SMD=0,27, p<0,02). Gli effetti erano maggiori durante gli esercizi aerobici, rispetto agli esercizi anaerobici (p<.01). Il raffreddamento interno (ingestione di fluido freddo, come acqua fredda e liquido ghiacciato/bevanda al mentolo) e il raffreddamento esterno (viso, collo e busto) forniscono il massimo beneficio in termini di prestazioni per le prestazioni aerobiche con un effetto da moderato a grande (0,46<SMD<1,24). Per gli esercizi anaerobici, indossare un indumento rinfrescante su tutto il corpo è il modo migliore per migliorare le prestazioni degli esercizi (SMD= 0,39, p<.01).
La revisione ha concluso che il raffreddamento automatico migliora le prestazioni dell’esercizio aerobico e anaerobico, con un maggiore beneficio per l’esercizio aerobico e l’entità dell’effetto benefico dipende dal tipo e dal sito dell’applicazione di raffreddamento.
Metodi di raffreddamento e causalità
È interessante notare come l’esposizione all’aria fredda o l’immersione in acqua siano stati i metodi più utilizzati, il che potrebbe non essere praticabile nel mondo reale e allora nel corso degli anni si è pensato a quali possano essere delle idee per il raffreddamento del corpo. Dei ricercatori dell’Australian Institute of Sport (AIS), hanno creato una giacca di raffreddamento estremamente pratica per i loro atleti, realizzata con materiale della muta e progettata per essere riempita con ghiaccio. Utilizzando queste giacche, l’AIS ha fatto eseguire dei test massimali di ciclismo in una camera termica (32°C, 60% di umidità relativa) a dei soggetti che hanno indossato le giacche per i primi nove minuti del protocollo, portando a un calo medio della temperatura cutanea da 33,5°C a 12°C. In media, i soggetti hanno pedalato per 1’10’’ in più durante la prova di raffreddamento, di quanto non avessero fatto senza le giacche e hanno riportato una minore RPE e del disagio termico. Nonostante queste differenze nella temperatura della pelle, tuttavia, la giacca di ghiaccio non ha influenzato la Tc, la FC o il lattato nel sangue (1). Sempre i ricercatori dell’AIS hanno riferito a una conferenza che la stessa giacca è stata indossata durante il riscaldamento di 30 minuti, prima di un test massimale di canottaggio di 2.000m ed è stato scoperto che i tempi medi di voga sono diminuiti di 2,8 secondi. Queste giacche sono diventate disponibili in commercio in seguito al loro utilizzo nei Giochi Olimpici di Atlanta 1996.
I metodi attuali migliorano le prestazioni avvantaggiando la termicità e l’RPE, con l’aumento della resistenza a maggiori intensità esterne, rispetto a una prova termica neutra o senza raffreddamento, migliorando così le prestazioni di resistenza stesse. Ruddock A. e altri (7), incoraggiano i professionisti dello sport e del movimento ad esplorare l’uso del fluido freddo, l’ingestione di ghiaccio liquido e il raffreddamento del collo per migliorare le prestazioni di resistenza dopo aver esaminato i vincoli termici dell’ambiente.
L’analisi della revisione di Ruddock A. e altri, fornisce la prova che le prestazioni di autogestione dell’esercizio migliorano quando la strategia di raffreddamento viene somministrata durante lo SST prima della prestazione. L’ingestione di ghiaccio e il raffreddamento del collo sono gli interventi di raffreddamento pratici più studiati e sono entrambi associati a effetti benefici sulla percezione termica, RPE e prestazione. Gli autori suggeriscono che i miglioramenti nelle prestazioni di autogestione siano mediati dagli effetti benefici del raffreddamento sulla percezione termica e l’RPE. Ciò è coerente con la teoria della termoregolazione comportamentale umana di Flouris e Schlader (20), che afferma che l’intensità dell’esercizio auto-selezionata aumenta o diminuisce in base all’entità dello sforzo termico o cardiovascolare, che si integra con il controllo di RPE, dell’intensità predominante. In linea di principio i soggetti si sentivano più freschi durante l’esercizio e percepivano un’intensità d’esercizio inferiore e di conseguenza i partecipanti hanno scelto di aumentare l’intensità, con conseguente miglioramento delle prestazioni. Questo è chiaramente vantaggioso per gli atleti di alte prestazioni; tuttavia è associato a un rischio di malattie legate al calore, in particolare per gli atleti principianti e giovani, poiché una maggiore intensità provoca una maggiore entità della produzione di calore metabolico, dell’accumulo di calore e della Tc. Questa combinazione diventa importante quando l’ambiente non è compensabile o le risposte termoregolatrici del soggetto sono inadeguate al fine di equilibrare l’equazione del bilancio termico (5).
Interessante è un’altra osservazione della review di Ruddock A. e altri (7) rivolta ai professionisti dello sport e allenatori, i quali, secondo gli autori, dovrebbero essere consapevoli, che volumi relativamente grandi di ghiaccio (240 ml) o l’ingestione di acqua fredda (>400 ml) potrebbero ridurre l’attività delle ghiandole sudoripare e limitare la perdita di calore per evaporazione, con conseguente accumulo di calore e Tc elevata, sopratutto quando rivolte a soggetti o atleti poco esperti e ai giovani, poco preparati, le cui risposte al sudore di tutto il corpo e il potenziale di trasferimento del calore evaporativo sono probabilmente inadeguati a corrispondere quelli richiesti per raggiungere l’equilibrio termico. Gli autori non sono a conoscenza di alcun danno significativo sulla sudorazione del corpo a causa del raffreddamento del collo, ma il raffreddamento del collo è associato al raggiungimento di una Tc elevata e in effetti nessuno dei metodi pratici di raffreddamento si è dimostrato sufficiente per attenuare un aumento della Tc, pertanto i ricercatori suggeriscono d’intraprendere una valutazione approfondita dell’ambiente in cui si svolgono le attività per riuscire a fase una stima sia della produzione di calore metabolico, che della perdita di calore per evaporazione. Dovrebbero essere messe in atto adeguate procedure di monitoraggio della Tc, dell’equilibrio dei liquidi e della percezione, soprattutto per i principianti e gli atleti giovani altamente motivati e un tale approccio migliorerà l’implementazione di strategie di raffreddamento appropriate. Negli ultimi tempi, sopratutto nel ciclismo, sono stati considerati siti, come i polsi, che hanno il potenziale per attenuare gli aumenti della Tc (21), come si è visto anche nell’ultimo Giro di Lombardia, in cui il vincitore ha utilizzato degli appositi bracciali sulle estremità degli arti superiori. Inoltre le opinioni di allenatori, atleti e personale di supporto in merito alla praticità dei metodi di raffreddamento dovrebbero essere valutate sempre più, come in realtà sta avvenendo, per guidare gli scienziati verso una ricerca che abbia un’elevata validità ecologica e solide basi meccanicistiche.
Conclusione
Gli eventi sportivi sono spesso programmati in ambienti caldi e umidi (ad es. tappe ciclistiche, maratone dei mesi estivi) e pertanto, strategie pratiche basate sull’evidenza che possano alleviare l’aumento della Tc, ridurre il rischio di malattie da calore e migliorare le prestazioni sono d’interesse per scienziati e professionisti. Durante la respirazione cellulare, il calore prodotto nel muscolo attivo viene trasferito per conduzione e convezione al sangue e ai tessuti circostanti e sulla superficie della pelle, il calore deve essere trasferito all’ambiente tramite meccanismi evaporativi per limitare l’accumulo di calore e l’aumento della Tc (5).
L’attuale corpo di prove suggerisce che il preraffreddamento dell’intero corpo è in grado di aumentare la capacità di esercizio prolungato a varie Ta, ma è meno compreso come il preraffreddamento aumenti la possibilità di svolgere un esercizio ad alta intensità di breve durata. Nella maggior parte dei casi, i soggetti preraffreddati sono in grado di sostenere un’intensità di esercizio maggiore rispetto ai controlli, come si è visto negli studi citati, ma ciò non è stato associato ad alcun apparente vantaggio metabolico o cardiovascolare. Dalla letteratura sembra che il preraffreddamento fornisca un netto vantaggio termico per l’esercizio, in particolare con il caldo e sebbene i meccanismi che portano a una migliore prestazione dell’esercizio dopo il preraffreddamento non siano chiari, l’evidenza suggerisce che l’effetto del preraffreddamento sul SNC è probabilmente un fattore chiave.
Le prove ad oggi suggeriscono che il preraffreddamento può aumentare la capacità di prestazione a varie Ta e differenti circostanze di esercizio, ma attenzione a raffreddare il corpo in misura eccessiva, poichè potrebbe rappresentare anche un rischio per la salute. Idealmente sarebbe meglio utilizzare una giacca di raffreddamento o, in mancanza, asciugamani umidi con avvolto del ghiaccio, con l’idea e l’obiettivo principale di raffreddare la pelle per circa 8-30 minuti durante la fase del riscaldamento e/o negli intervalli dell’attività o della prestazione. Ovvio la pratica permette, oltre che abituare il corpo alla fase raffreddante, anche di elaborare strategie più soggettive e comode, prima di utilizzarla durante un evento importante. Gli studi sul preraffreddamento confermano che l’aumento del calore corporeo è un fattore limitante durante l’esercizio ed è utile per gli esercizi di resistenza per i primi 30-40 minuti, dipendentemente dalle variabili discusse, piuttosto che per esercizi intermittenti o di breve durata e prima di un’attività di resistenza di lunga durata può essere utile solo con l’uso di attrezzature specifiche e con la disponibilità di strutture ad hoc (22)
Riferimenti
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