Nel corpo umano, il core o nucleo è la regione centrale del corpo, che comprende la cintura pelvica, il tronco e la regione scapolare. Questa regione ha dozzine di gruppi muscolari con funzioni e funzionalità precise, come assicurare l’integrità della colonna vertebrale e degli organi vitali durante il mantenimento delle diverse e varie posture e i movimenti del corpo, mantenere l’equilibrio del corpo durante le attività statiche e dinamiche e trasferire le forze tra gli arti inferiori e superiori (1-3).
Il nucleo funziona come un’unità funzionale integrata, per cui l’intero sistema cinetico, ossia l’intero sistema di tessuti attivi (ad es. muscoli) e passivi (ad es. tendini) che agiscono simultaneamente producendo e trasferendo forze durante i gesti motori, lavora in sinergia per produrre forza dinamica e stabilizzare il corpo. Questo sistema integrato e interdipendente deve essere adeguatamente stimolato per consentire la sua funzione nelle attività quotidiane e sportive (4,5).
Sebbene l’allenamento dei muscoli della regione centrale del corpo sia stato una raccomandazione nella letteratura classica sull’allenamento sportivo per molti decenni (6, 7), lo sviluppo dell’allenamento del core nella pratica e nella scienza di base è più recente con Arnold C. e altri dal 2015 (8).
Attualmente l’allenamento tradizionale, così come l’allenamento funzionale è stato utilizzato nei programmi fisici finalizzati alla qualità della vita, alla salute e al miglioramento del mal di schiena (9,10), ma il recente aumento della quantità e della qualità delle pubblicazioni scientifiche sull’allenamento del core che coinvolge approcci, esercizi, strumenti e soggetti diversi, ha fornito un’amplificazione delle conoscenze specifiche su questo tipo di intervento e per questo ho voluto inserire questa trattazione di 10 fondamentali, e per alcuni sicuramente sconosciuti, punti, con l’obiettivo di evitare la dicotomia tra teoria-scientifica sull’allenamento e pratica con esercizi specifici.
I 10 punti
- Muscoli locali e globali: il core ha 29 coppie di muscoli classificati in base alla loro posizione, architettura, proporzione dei diversi tipi di fibre muscolari e funzione. La classificazione più comunemente usata in letteratura raggruppa i muscoli del core in due classi (Tabella 1): muscoli locali e globali (11,12).
- I muscoli locali sono profondi, adiacenti alla colonna vertebrale (cioè, gli erettori spinali), principalmente muscoli aponeurotici, non fusiformi, la cui connessione con l’osso (origine, inserimento) non è tendinea, ma con tessuto connettivo in una forma piatta, con una proporzione maggiore di fibre muscolari di tipo 1 (contrazione lenta) che svolgono un ruolo stabilizzante.
- I muscoli globali sono i muscoli superficiali (cioè il gran dorsale e altri) che sono generalmente fusiformi, hanno più fibre di tipo 2 (contrazione rapida) e agiscono, principalmente, per generare coppia e movimento articolare (13).
Questi muscoli creano le basi della catena cinetica responsabile della gestione del trasferimento di coppia e di dinamica tra gli arti inferiori e superiori del corpo, sia per i compiti della vita quotidiana, che per l’esercizio fisico o per lo sport. Poiché la stabilità della colonna vertebrale dipende dall’azione sinergica e integrata dei muscoli locali e globali (Unità Muscolare Funzionale), il programma di allenamento di base dovrebbe contenere esercizi con co-contrazione, nonché diverse caratteristiche (ad es. statica e dinamica, forza e resistenza muscolare). Un buon esempio è il “rinforzo”, ossia un esercizio che stimola l’azione integrata e sinergica di tutti i muscoli addominali (contrazione totale dei muscoli addominali) (14). Un’altra tecnica che produrrà un’azione di rinforzo naturale è quella di mettersi in una posizione di spinta, in posizione di plank, in appoggio sulle avambraccia mantenendo la colonna vertebrale neutrale e sostenuta.
Tabella 1: muscoli locali e muscoli globali
- Zona neutra della colonna vertebrale: la colonna vertebrale presenta un piccolo grado di libertà dei movimenti tridimensionali in cui la tensione sulle strutture passive (non contrattili) è minima o praticamente inesistente (Figura 1). Questo grado di libertà in cui i movimenti vengono eseguiti senza generare tensione su strutture non contrattili è noto come zona neutra e ha un’ampiezza tridimensionale di circa 2 gradi (15,16). Uno degli obiettivi dell’allenamento è quello di migliorare la capacità dei muscoli stabilizzatori di mantenere la colonna vertebrale all’interno della zona neutra, anche di fronte all’ incidenza di forze esterne, ad esempio, sedendosi per lunghi periodi (mantenendo l’anatomia naturale delle curvature della colonna vertebrale sotto esposizione alla forza di gravità) o eseguendo esercizi con carichi longitudinali e trasversali sulla colonna vertebrale (ad esempio, squat, piegamenti asimmetrici o stacchi ad arti inferiori tesi).
Figura 1: zona neutra della colonna vertebrale, con gradi di libertà per piano di movimento
- Attivazione anticipata: Hodges P.W. e altri nel 1997 hanno scoperto che in un individuo con una normale funzione neuromuscolare, i muscoli locali vengono attivati prima di eseguire i movimenti degli arti (17). Ad esempio, quando ci si trova su una sedia, il sistema nervoso recluta il traverso dell’addome di prima di reclutare i quadricipiti. L’idea è di mantenere la colonna vertebrale stabile, in modo che gli arti si muovano in modo efficiente (alta velocità, alta precisione e basso consumo energetico). Tuttavia nelle persone con lombalgia (LBP), questo schema di attivazione anticipata dei muscoli del core è compromesso come dimostrato da Behm e altri nel 2002 (18). Sostanzilamente i muscoli hanno la loro attivazione ritardata o inibita e in questo caso, l’attivazione tardiva, specialmente dei muscoli locali, predisporrà la persona al dolore, poiché il movimento avverrà senza stabilizzazione. Una delle funzioni dell’allenamento è rieducare, o meglio direi riattivare (nelle persone con LBP) e migliorare (nelle persone senza LBP) questo modello di attivazione anticipata dei muscoli locali. La forza anticipatoria può essere migliorata implementando esercizi di resistenza unilaterale (cioè shoulder press, biceps curl, calf raises e squat) che costringono il sistema ad anticipare le forze di coppia resistive applicate ai muscoli del core (tronco) (19-21). Ulteriori aggiustamenti di forza possono essere migliorati usando basi instabili per “disturbare” l’equilibrio e garantire che il sistema applichi contrazioni compensative (20-24). Queste sfide all’equilibrio e alla stabilità possono essere amplificate tenendo gli occhi chiusi per porre maggiore enfasi sul sistema propriocettivo o con maggiori resistenze (es. manubri, bilancieri, elastici) per amplificare le coppie resistive (20,21). Infine è possibile ottenere maggiori progressioni rendendo gli esercizi più dinamici con velocità più elevate aggiungendo salti, rimbalzi, delimitazioni e altre attività simili su superfici sia stabili (es. pavimento, terreno) che instabili (es. sabbia o superfici ondulate ) (25-27).
- Stabilizza e successivamente muoviti: sebbene gli esercizi dinamici per il core siano i più popolari, hanno poca capacità di trasferimento, ma cosa significa? Significa che contribuiscono poco a migliorare la stabilità del tronco in situazioni quotidiane o sportive, considerando che nella maggior parte dei movimenti delle attività quotidiane e degli sport la colonna vertebrale rimane eretta, anche quando gli arti si muovono, gli esercizi isometrici sembrano essere più produttivi per migliorare la rigidità del tronco e la funzione posturale (28). Pertanto gli esercizi isometrici eseguiti con la colonna vertebrale in zona neutra dovrebbero precedere gli esercizi dinamici in un programma di allenamento, poiché una delle funzioni dell’allenamento di base è migliorare la stabilità affinché i movimenti successivi siano più efficienti.
- Stabilità tridimensionale: durante la maggior parte delle attività quotidiane, del lavoro o dello sport, il corpo umano subisce disturbi dell’equilibrio provenienti dalle forze esterne e interne che lo influenzano. Poiché le forze che agiscono sul corpo provengono da diversi fattori (ad esempio, gravità, movimento del corpo o parte di esso, sollevamento o supporto di carichi esterni, contrazioni muscolari), destabilizzano il corpo nelle tre dimensioni (sagittale, frontale e trasversale) (29). Per questo un programma di allenamento dovrebbe avere all’interno esercizi che stimolino il soggetto in tutte le dimensioni del movimento, sia isolato, che combinato, perché una delle funzioni dell’allenamento è migliorare la capacità di stabilizzazione tridimensionale del tronco (30).
- Il “centro di trasmissione” ha un pavimento, pareti e un soffitto: sebbene il nucleo comprenda l’intera regione del tronco, gli approcci d’intervento più frequenti in letteratura riguardano il tronco inferiore, principalmente a causa dell’alta incidenza di LBP nella popolazione mondiale e della forte associazione tra LBP e mancanza di condizionamento della muscolatura adiacente alla colonna lombare (31,32). Sarebbe meglio comprendere che il core ha muscoli che formano una struttura fatta di pavimento, di pareti e di un soffitto. In questo contesto si dovrebbe prestare particolare attenzione all’allenamento di tutti i muscoli del core, compresi quelli che tendono a ricevere meno attenzione nei programmi di allenamento tradizionali, come il pavimento pelvico, i muscoli addominali trasversali e il diaframma e per questo è meglio concentrarsi prima sull’allenamento funzionale, da osservare comunque e sempre durante la programmazione allenante, come il pavimento pelvico (33).
- Instabilità: indurre disturbo sul baricentro del corpo porta a improvvisi cambiamenti nella posizione e nella lunghezza dei muscoli, che stimola i propriocettori, generando un’attivazione muscolare riflessa. Confermando questa idea, l’uso di basi instabili (ad es.: swiss ball, BOSU, cuscinetti in schiuma, tavolette oscillanti) negli esercizi ha dimostrato di essere una strategia efficace per aumentare il livello di attivazione neuro-muscolare dei muscoli stabilizzatori del tronco (34). Oltre alle basi instabili l’uso di carichi instabili (cioè elastici, kettlebell, palle ad acqua) aumenta anche l’attivazione dei muscoli stabilizzatori del tronco, dello scapolare e delle cinture pelviche. L’attivazione dei muscoli stabilizzatori è una delle funzioni dell’allenamento e pertanto l’instabilità può essere uno strumento interessante per questo scopo. Ovviamente tutto va soggettivato per cui le implementazioni necessarie in tal senso, in base alla specifica qualità condizionale che si sta migliorando. In questi casi l’instabilità non dovrebbe essere l’aspetto principale su cui porre il focus; strategie alternative sono riportate al punto successivo.
- Lift e swing: negli sport che richiedono un allenamento per prestazioni elevate e un allenamento avanzato, la stabilità del core deve essere sviluppata insieme ad altre abilità fisiche considerate determinanti della prestazione, come forza e potenza (35). Per questo l’allenamento isolato delle diverse componenti fisiche può essere un’opzione, ma in generale è meno efficace dell’allenamento integrato e sinergico, ossia funzionale (allenamento funzionale) delle capacità fisiche. In questo modo atleti e individui ben allenati beneficiano della pratica di esercizi integrati che, dato le caratteristiche che includono elevata complessità di movimento, carichi elevati, alta velocità di esecuzione, accelerazione e decelerazione, presentano anche un grande potenziale per migliorare sinergicamente la forza, potenza e stabilità del core. I principali esempi di esercizi con queste caratteristiche sono gli esercizi di sollevamento di base (squat, deadlift) e principalmente di sollevamento olimpico (snatch, clean e jerk). Inoltre ci sono esercizi globali che usano kettlebell, in cui è possibile eseguire diversi esercizi come swing e snatch. Questi esercizi forniscono un’attivazione da moderata a elevata dei muscoli del core, come mostrato da McGill e altri nel 2012, specialmente se eseguita monolateralmente, in cui è richiesto circa il 70-80% della contrazione isometrica volontaria massima dei muscoli del gluteo medio (ipsilaterale) e dei muscoli interni obliqui (controlaterale) (36). Come accade nelle situazioni sportive, dove sono richiesti alti livelli di stabilità del core in situazioni che richiedono elevata forza e potenza, anche l’allenamento con soggetti normodotati dovrebbe contemplare esercizi multi-articolari con l’uso di barre o kettlebell per integrare il reclutamento di core con l’intera catena posteriore (che include i muscoli posteriori della coscia, glutei, erettori spinali, tra gli altri muscoli). Tuttavia va notato che questi esercizi dovrebbero far parte di una progressione più avanzata; vale a dire, il soggetto deve in precedenza essere in grado di attivare consapevolmente i muscoli stabilizzatori che proteggeranno la colonna vertebrale dalle forze di compressione e taglio causate da questi esercizi.
- Esercizi monolaterali e/o alternati: proprio come gli esercizi tradizionali di sollevamento pesi sono buone pratiche per sviluppare la stabilità di base in situazioni in cui si desidera aumentare la forza, un’altra strategia praticabile è l’esecuzione monolaterale di esercizi di contro-resistenza sul piano frontale (ad es. shoulder press) e trasversale (ad es. bench press). L’esecuzione porta alla proiezione del baricentro su quel lato su cui viene mobilitato il carico esterno, contribuendo all’aumento dell’attivazione della muscolatura del core contro-laterale (37,38). Allo stesso modo, l’esecuzione di esercizi monolaterali alternati tra gli arti può anche essere applicata a questo scopo per il fatto dei maggiori cambiamenti generati nella posizione del baricentro del corpo, rispetto all’esecuzione bilaterale/simultanea.
- Effetto “serape”: i romboidi, i dentati anteriori e i muscoli obliqui esterni ed interni formano insieme una struttura a cintura, simile a un indumento messicano chiamato “serape”. Ruotando le spalle (tronco superiore) e il bacino (tronco inferiore) in direzioni opposte, questi muscoli associati vengono pre stirati in diagonale. Questo pre stiramento noto come “effetto serape” in letteratura, supporta i vantaggi del ciclo di accorciamento-stiramento, che potenzia la massima potenza/forza erogata (39). Da un punto di vista pratico, l’effetto serape si verifica nei movimenti e nelle attività balistiche come calciare e lanciare e ripercorre da vicino dei concetti posturali legati alle basi delle catene miofasciali, pertanto gli esercizi basati su questo tipo di movimento, possono essere eseguiti in specifiche sedute funzionali, ad esempio per quelle prestazioni sportive che richiedono movimenti di rotazione (combattimenti, nuoto, calcio, atletica, tiro a segno, tennis, sci alpino ecc).(https://www.lucaventurichinesiologo.it/2020/01/10/corse-stability-e-propriocezione-metodi-e-applicazioni-funzionali-nello-sci-alpino/)
Tabella 2: categorie specifiche di esercizi correlati ai rispettivi punti trattati
In pillole
L’allenamento del core costituisce una componente essenziale dell’allenamento di forza e recentemente ha ricevuto molta più enfasi.
Il core contribuisce a una catena cinetica che trasferisce forze, coppia e potenza tra gli arti inferiori e superiori e il relativo allenamento ha come target il miglioramento della stabilizzazione della colonna vertebrale attraverso una maggiore forza, resistenza e anticipazione dei movimenti del corpo.
La forza aumentata può essere raggiunta con combinazioni di contrazioni isometriche, movimenti tridimensionali, carichi instabili, sollevamenti di vario genere e tipo, l’uso di kettlebell nelle azioni di oscillazione/sollevamento ed esercizi di conto-resistenza monolaterale.
Approfondimento da: “Ten Important Facts About Core Training”
La Scala T.C.V.; Evangelista A.L.; Silva M.S.; Bocalini D.S., Da Silva-Grigoletto M.E., Behm D.G., ACSM’s Health & Fitness Journal: January/February 2019
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